Gli open data possono avere un impatto di ampia portata per la sfera politica, sociale ed economica, ma il vero problema da affrontare è il “disinteresse” verso i dati. Per questo occorre lanciare una grande opera di mobilitazione informativa. Serve più comunicazione pubblica per gli open data. Se, infatti, la cultura dei dati pubblici continua ad affermarsi tra i soli addetti ai lavori, i risultati e i benefici del loro utilizzo continueranno ad essere pochi e scadenti.

Nell’attuale contesto economico, sociale e tecnologico, dove tutto cambia ad alta velocità, i cittadini richiedono servizi sempre più agili e flessibili. Questo impone alla pubblica amministrazione un cambiamento ed una trasformazione non solo nelle modalità di erogazione dei servizi, ma anche nelle modalità usate per informare i cittadini sulla disponibilità dei servizi stessi.

In questo quadro l’open data è una delle risorse maggiori che le amministrazioni pubbliche possono utilizzare per raggiungere i propri obiettivi. Grazie ai “dati aperti”, le amministrazioni possono infatti promuovere la trasparenza e la partecipazione dei cittadini, ma anche ottimizzare le loro risorse e migliorare la loro efficienza a condizione, ovviamente, che gli stessi cittadini siano correttamente informati e coinvolti nei processi.

Il primo passaggio, naturale e obbligato, per rendere disponibili e pubblici i dati in possesso della pubblica amministrazione, prevede tradizionalmente l’implementazione di portali che consentono ai cittadini e alle imprese l’accesso facilitato agli stessi.

Nel nostro paese, in questo quadro, si stanno ottenendo risultati importanti, con numerosi portali, anche locali, che offrono già enormi quantità di dati. Il vero problema sembra essere però, ancora una volta, la non omogeneità dei risultati su tutto il territorio nazionale.

In ogni caso, la maggiore disponibilità di dati aperti pubblicati sui portali, anche se a macchia di leopardo, spinge oggettivamente i cittadini e le imprese ad utilizzarli. Grazie a questi portali, anche nelle regioni meridionali, si iniziano a diffondere piattaforme collaborative capaci di aprire nuovi canali di comunicazione tra cittadini e governi locali, facilitando la loro partecipazione attiva.

La sola pubblicazione dei dati sui portali però, al momento, non sembra, aver generato una sufficiente mobilitazione dei soggetti interessati ad un loro utilizzo. La distribuzione dei dati aperti sui portali soddisfa in gran parte il bisogno di trasparenza della PA, ma in assenza di promozione il risultato ottenuto si ferma qui e pochi restano i casi di utilizzo spontaneo da parte di cittadini e imprese.

L’utilizzo generalizzato dei dati pubblici consente, come è ormai universalmente provato, anche di identificare aree di miglioramento della macchina organizzativa, ottimizzare il suo funzionamento e pianificare meglio le risorse. La PA per questo già si avvale, quando possibile, della collaborazione di soggetti esterni, ai quali, per le singole necessità, vengono forniti i dati necessari.

Una maggiore informazione sulla disponibilità degli open data potrebbe essere però uno stimolo per aziende e organizzazioni ad utilizzare tali dati autonomamente, progettando applicazioni non direttamente commissionate dalle PA. In questa chiave una corretta e puntuale informazione sulla disponibilità di dati diventa ancora più necessaria in regioni dove la sfiducia verso il funzionamento delle istituzioni è più marcata.

Le amministrazioni pubbliche, grazie ai dati, oltre ad offrire maggiore trasparenza, potrebbero dunque ottenere benefici quali l’ottimizzazione dei loro processi e servizi senza investimenti diretti. Per questo appare chiara la necessità di stimolare in ogni modo l’interesse verso i dati, anche avviando vere e proprie campagne di comunicazione. Campagne che puntino anche alla collaborazione tra le varie amministrazioni per l’utilizzo dei dati.

Le autorità pubbliche, infatti, pur facendo affidamento sui dati per promuovere l’innovazione all’interno e all’esterno dell’amministrazione, raramente sono in grado di avviare forme di collaborazione tra le amministrazioni e tra queste, i cittadini e le imprese.

Promuovere, sviluppare e testare nuove soluzioni che utilizzano i dati, replicabili in più contesti è sicuramente vantaggioso, ma perché questo avvenga è necessario che i soggetti interessati ne comprendano i vantaggi. Occorre in pratica informare proprio sui vantaggi che possono derivare dal produrre soluzioni replicabili in modo da aumentare l’interesse a sperimentare soluzioni che puntino alla collaborazione per ottimizzare i risultati.

Gli open data, dunque, possono avere un impatto di ampia portata per la sfera politica, sociale ed economica della pubblica amministrazione ma solo se comunicati bene e ad un pubblico sempre più vasto. Il vero problema da affrontare è il “disinteresse” verso i dati, disinteresse che, come abbiamo accennato, diventa ancora più grave nelle aree del paese dove il gap tecnologico storicamente si sposa con l’arretratezza complessiva dei servizi.

Per questo, proprio nelle regioni meridionali, occorre lanciare una grande opera di mobilitazione informativa, capace di diffondere la nuova cultura dei dati. Se un limite in questi anni c’è stato nelle politiche degli open data è proprio quello relativo alle modalità con le quali la disponibilità dei dati è stata comunicata. Probabilmente, occorrono più campagne di comunicazione rivolte non solo agli specialisti ma ai soggetti a vario modo interessati, incluso i semplici cittadini. Più comunicatori impegnati a supporto dei portali insomma, più comunicazione pubblica per gli open data.

Il rilascio di sempre maggiori quantità di open data consente sicuramente una maggiore trasparenza e fiducia verso i “governi” e rappresenta di per sé un potenziale per aumentare l’efficienza e migliorare la governance, ma se la cultura dei dati pubblici continua ad affermarsi tra i soli addetti ai lavori i risultati e i benefici del loro utilizzo continueranno ad essere pochi e scadenti.

Articolo a cura di Domenico Pennone, pubblicato originariamente su https://goo.gl/YmzXfW in data 24 gennaio 2019. 

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