Il mondo dei dati pubblici si presenta oggi ancora come una vera nuova prateria per i giornalisti. Il Data Journalism, inoltre, può fare bene alla PA ma anche alle imprese. Se ne parla il 17 aprile a Napoli.

Il lavoro del giornalista nell’era digitale diventa sempre più complesso e richiede aggiornamento continuo e formazione, indispensabili soprattutto quando il giornalista si trova a lavorare con i dati, numeri, statistiche, grafici. In pratica quando si prova a fare del cosiddetto Data Journalism.

“Caccia al dato pubblico”: il difficile rapporto tra PA e media

La Pubblica Amministrazione, da parte sua, detentrice di enormi quantità di dati, in questi anni di trasformazioni tecnologiche, ha faticato molto ad adattare la propria comunicazione alle modifiche e agli stravolgimenti dettati dalla rivoluzione digitale. L’innovazione tecnologica, internet, i social, hanno infatti lentamente eroso il modello organizzativo della comunicazione pubblica e istituzionale, modello che si basa ancora sulla Legge n°150/2000.

Se è vero che, grazie soprattutto ai portali istituzionali, buoni risultati sono stati ottenuti in termini di trasparenza e accessibilità generalizzata delle informazioni, pochi invece sono stati i miglioramenti nel difficile e delicato rapporto tra PA e media. Quello che è venuto a mancare è soprattutto un supporto da parte dei media al processo di liberazione dei dati pubblici avviato in questi anni. Eppure, era sembrato a tutti chiaro, che il processo poteva portare a risultati significativi solo a fronte di un coinvolgimento dell’opinione pubblica, coinvolgimento raggiungibile con il contributo dei mezzi d’informazione.

La PA ha prestato in questi ultimi 10 anni molta attenzione al come pubblicare direttamente le informazioni in suo possesso, soprattutto attraverso gli Open Data, ma poca attenzione al come curare su questi aspetti, i rapporti con gli operatori dell’informazione. Gli uffici stampa delle Pubbliche Amministrazioni, in questo scenario, troppo impegnati a svolgere preferenzialmente comunicazione politica, sono stati quasi del tutto esclusi dal processo di liberalizzazione dei dati pubblici, contribuendo in questo modo ad aumentare il già pesante gap di comunicazione tra PA e media.

I giornalisti in genere, ma anche e soprattutto quelli che operano direttamente sui dati, senza un reale supporto da parte della PA, si sono dovuti adattare ed organizzare da soli nella difficile “caccia al dato pubblico”.

Quando i dati non parlano: l’importanza dei linguaggi

Un ulteriore elemento di difficoltà nelle relazioni tra media e PA sul terreno degli Open Data si è avuto a causa dell’eccessiva pluralità di piattaforme, linguaggi di programmazione, strumenti e approcci che hanno caratterizzato la pubblicazione dei dati. Questa pluralità e complessità nelle modalità con cui i dati sono stati distribuiti ha messo in difficoltà chi quei dati deve comunque utilizzarli per ricavarne, nel minor tempo possibile, notizie per il grande pubblico. Le modalità di messa a disposizione dei dati da parte della PA, in questi anni, sono state di natura più tecnologica, filosofica e culturale che di realizzazione di “prodotti editoriali” che potevano essere utili al lavoro dei giornalisti e con essi del “grande pubblico”.

Nonostante ciò, il mondo dei dati pubblici si presenta oggi ancora come una vera nuova prateria per i giornalisti e, contemporaneamente, anche come un enorme terreno di valorizzazione del lavoro fatto dalle istituzioni. Una collaborazione tra giornalisti e PA andrebbe sempre ricercata oltre che auspicata.

Perché e come potenziare il Data Journalism

Migliorare il rapporto tra giornalisti e PA è importante non solo per favorire l’utilizzo dei dati pubblici per scopi informativi, ma anche per stimolarne l’eventuale riuso in termini commerciali da parte dei privati. Il Data Journalism, infatti, oltre che svolgere un corretto lavoro informativo può fare bene alla PA ma anche alle imprese.

Occorrono nuovi modelli di collaborazione tra PA e giornalisti, che non possono non passare anche per un’attività formativa che interessi sia gli uffici stampa pubblici che le stesse redazioni dei media. Sarebbe anche utile predisporre nuove modalità di distribuzione dei dati, più vicine alle esigenze di chi lavora nelle redazioni, soluzioni che magari utilizzino modalità mobile-driven, preferite dagli operatori dell’informazione. Penso anche a guide pratiche per comprendere un campo in evoluzione e tutto da esplorare, un campo di lavoro che può oggi già interessare tutte le categorie del settore dell’informazione e non solo quello del giornalismo computazionale dei dati e delle redazioni professionali. Formazione e guide, dunque, che provino a rendere routine l’utilizzo di flussi di dati, andando oltre le sole pratiche di reporting e di editing tradizionali.

Il ruolo di uffici stampa e comunicatori pubblici

Nella PA andrebbe invece lanciata immediatamente una campagna di valorizzazione professionale dei giornalisti che vi lavorano o che vi potrebbero lavorare. Uffici stampa, meglio formati e qualificati, potrebbero lavorare per migliorare l’offerta di dati pubblici rendendola più allettante, magari garantendo modalità di ricerche più sistematiche con un’opera di pulizia dei dataset che valorizzi di più gli aspetti relativi all’analisi statistica tipica del lavoro del giornalismo. Questo lavoro, se svolto da giornalisti per giornalisti, potrebbe contribuire in maniera decisa anche a superare la naturale repulsione degli operatori dell’informazione verso strumenti come i linguaggi di programmazione R e Python, Excel e OpenRefine, che appaiono al momento ancora troppo faticosi da apprendere.

Le istituzioni dovrebbero insomma puntare ad una sorta di “educazione al giornalismo dei dati” che favorisca anche e perché no, nuovi sbocchi editoriali. Un contributo potrebbe venire dal mondo accademico che potrebbe lanciare una sorta di programma di “Media Innovation School of Journalism”, che punti ad aggiornare la tradizionale pedagogia giornalistica ai rapidi cambiamenti che si stanno verificano nella sfera professionale dell’informazione. In questo lavoro di aggiornamento epocale della professione, un contributo determinante potrebbero darlo quei professionisti del giornalismo che già lavorano sui dati, puntando alla costruzione di reti di conoscenza del lavoro svolto in questo ambito.

I dati caratterizzeranno sempre più il lavoro giornalistico in futuro. I giornalisti dei dati che attualmente lavorano in una sorta di relativo isolamento, potrebbero diventare il cuore delle redazioni del futuro. Occorre che la Pubblica Amministrazione partecipi a questa azione di squadra. Gli uffici stampa pubblici, ritrovando una nuova ragione di sopravvivenza, dovrebbero essere messi in condizione di affrontare questa sfida, collaborando attivamente alla condivisione degli Open Data, rendendo reale un nuovo processo di narrazione della PA basato sui dati.

Appuntamento a Napoli il 17 aprile con il seminario di Open Data Campania

È con questa consapevolezza che, nell’ambito di Open Data Campania, si terrà il prossimo mercoledì 17 aprile l’incontro “Data Journalism. Interpretazione dei dati per la loro valorizzazione”, rivolto in particolar modo a tutti gli operatori dell’informazione chiamati a concorrere alla corretta apertura e interpretazione dei dati. Per gli operatori sarà possibile iscriversi all’incontro, che avrà luogo presso il Centro Direzionale di Napoli (Isola C3) a partire dalle ore 9.30, tramite piattaforma SIGeF. Alla partecipazione all’incontro corrisponderanno per i giornalisti nr. 6 crediti formativi di natura deontologica.

Per ulteriori informazioni e dettagli formazioneodc@regione.campania.it

Articolo a cura di Domenico Pennone – Capo Ufficio Stampa Città Metropolitana di Napoli, pubblicato originariamente su http://bit.ly/2URj5Jp in data 12 aprile 2019.  

torna all'inizio del contenuto